venerdì 27 aprile 2018

Mio fratello, Manuel.



Mio fratello, Manuel.

Ero appena uscita di scuola, e il vento incominciava ad alzarsi mentre le foglie ricoprivano i marciapiedi. Camminavo velocemente, quando si arrestò una macchina davanti a me, impaurita; si aprì la portiera posteriore, vidi che all’interno dell’abitacolo c’erano tre ragazzi giovani, non avrebbero avuto più di vent’anni.
“Falla entrare, prendila” urlava il ragazzo che guidava.
“Facciamo presto” rispondeva l’altro che era al fianco del guidatore.
Il terzo, seduto dietro, scese dalla macchina e con i capelli mi trascinava dentro. Tremavo come non avrei mai pensato che si potesse tremare. Sentii i passi di una persona, e poi la sua voce: era mio fratello, Manuel. Mio fratello lo prese a calci, lui lasciò i capelli, si rituffò in macchina e da lì sparirono, non li vidi più. Poi, Manuel mi abbracciò. Camminammo fino a casa e nel mentre  mi disse “Chissà come sarebbe stata la nostra vita con Mamma? Non seppi rispondergli. Mamma se n’era andata troppo presto, a volte il suo viso scompariva dai miei ricordi e dovevo rituffarmi nelle foto per riacciuffare momenti ormai trascorsi, e ricordarmi dei suoi particolari. Forse, sarebbe stata una vita differente. Oramai tempo ne 
era passato, e Manuel era andato via all’ennesima sfuriata di mio padre, di lì a poco avrebbe compiuto ventiquattro  anni. Dopo un po’ anch’io andai via di casa, mi sposai ed ebbi due bambini, ma il suo viso mi ha sempre accompagnato in tutto, quasi a diventare una delle mie ossessioni notturne più ricorrenti. Lo avevo ricercato in maniera incessante ma nessuno seppe mai dirmi un qualcosa che potesse dar forza alle mie speranze. Volatilizzato come non saprei dire.

Una sera trasmettevano uno speciale sui Clochard in tv. Erano le nove, e avevo messo a letto i  miei figli, aspettando mio marito. Finchè non rividi solo per un istante il volto di mio fratello. L’avevo ritrovato, per anni avevamo vissuto nella stessa città senza nessun punto d’incontro.

Non aveva una casa, i capelli erano radi, il volto stanco ma gli occhi erano sempre di un vivido azzurro come quella giornata in cui il vento scese e le foglie coprirono i marciapiedi. Parlammo e ci commuovemmo entrambi, raccontandoci ciò che avevamo condiviso e ciò che avevamo vissuto da separati. Alla fine lo portai via con me, donandogli ciò che lui, anni prima, aveva donato a me.



 Aniceto Fiorillo


Nato a Cesa nel 1979, dopo la laurea in Lettere, viaggia per l’Italia e per l’Europa sia per piacere ma soprattutto alla ricerca di un qualsiasi lavoro che gli permetta di scrivere senza pensieri: a Brussel, incontra il Pilota e la sua comunità di brasiliani belgi, imparando l’inglese e il francese perché vuol sentirsi cittadino europeo ma il grigio del cielo belga lo rende triste e scappa verso il mare dell’isola di Malta. Qui si imbatte in una dozzina di russi che contrabbandano in diamanti e che decidono di scassarlo (picchiare una persona fino a ridurlo in fin di vita), e mentre tenta di sfuggire agli ex bolscevichi, incontra una bellissima sudtirolese che lo conduce a Bolzano dove si impegna nell’insegnamento e nel cercare di farsi una famiglia con relativa prole. Ma il Signore per lui ha in serbo altri piani! Ritorna a Napoli dove gestisce una libreria, naturalmente abusiva; finché, un giorno, di inverno, e di forte vento, non giunge la Finanza che gli intima di chiudere in blocco l’attività. Non si perde d’animo e con tanta voglia e molti denari sceglie la città di Roma come sua nuova sposa. Qui a Roma conosce la solitudine,il lavoro, l’amore, e poi, il vento lo riporta a Napoli centro. Ora è facile incontrarlo, di mattina, al Caffè del Duomo, prima che vada a scuola.




Autore di Kilometro zero 
https://www.amazon.it/Kilometro-Zero-Aniceto-Fiorillo-ebook/dp/B01N8XRSM9

e dei suddetti Racconti disaccordati.



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