martedì 23 gennaio 2018

Bolle di sapone in montagna.



Il meteo aveva detto che era stata una delle nevicati più forti degli ultimi anni. Ero appena tornato da uno dei miei viaggi di lavoro in Asia e non sentivo mio padre da più di un mese. Dopo la separazione da mia madre aveva deciso di vivere in montagna.  Ero leggermente preoccupato, a causa del maltempo, si erano interrotte tutte le comunicazioni. Papà scendeva in città una volta a settimana per il mercato biologico, viveva da solo  sopra i monti, producendo formaggi.
Avevo provato a chiamarlo diverse volte ma nessuna risposta. Avrei tanto voluto trascorrere Capodanno con lui, sarebbe tornata anche mia sorella Iris che lavorava a Roma.


Decisi di salire su.


Era sceso oltre un metro di neve: tutti gli abeti che accompagnavano la mia salita erano imbiancati, con i rami più bassi, carichi di neve, fino a toccare terra. Il percorso non era breve ci sarebbero volute due ore, mentre il cielo si copriva di nuvole lattiginose e il fiatone si impadroniva del mio corpo. Cominciai la salita, stretta e ripida, che mi avrebbe condotto ai grandi casolari.
La neve cadeva con impeto incessante. I miei passi sempre più profondi in una soffice neve, frattanto le gambe più molli. Arrivò il vento che turbinò i fiocchi prima di farli scendere sul suolo. La temperatura repentinamente si attestò sotto lo zero.
Si stagliavano sull’orizzonte bianco bolle di sapone, che lentamente scendevano dall’alto, non mi era chiaro cosa vi fosse dentro, solo sagome indistinte apparivano ai miei occhi, finchè non  riconobbi  nella prima bolla i miei genitori e nella seconda mia sorella Iris. Ondeggiavano sopra il mio corpo stanco, fino a che la mia vista si nascose nel bianco della neve.
Mi risvegliai in una piccola stube, vidi la sagoma di un uomo che armeggiava vicino alla stufa, e sentii l’odore della polenta che invadeva i luoghi.
L’uomo sentì il fruscio delle  coperte che coprivano il mio corpo infreddolito, e si girò.
“Ehi, allora come va?” mi disse l’uomo di spalle.
Riconobbi la voce.
 “Papà” gli dissi.
E lui si avvicinò con una tazza di the caldo.
“Volevo venire qua, ma la neve ha avuto la meglio”
“Ci sei riuscito! E tua sorella?”mi disse. 

 “Giù a Roma” gli dissi.
Si avvicinò al divano, sedette di fronte a me e parlammo. Ancora non era Capodanno e mia sorella era ancora a Roma, ma ero contentissimo lo stesso.




Aniceto Fiorillo

Nato a Cesa nel 1979, dopo la laurea in Lettere, viaggia per l’Italia e per l’Europa sia per piacere ma soprattutto alla ricerca di un qualsiasi lavoro che gli permetta di scrivere senza pensieri: a Brussel, incontra il Pilota e la sua comunità di brasiliani belgi, imparando l’inglese e il francese perché vuol sentirsi cittadino europeo ma il grigio del cielo belga lo rende triste e scappa verso il mare dell’isola di Malta. Qui si imbatte in una dozzina di russi che contrabbandano in diamanti e che decidono di scassarlo (picchiare una persona fino a ridurlo in fin di vita), e mentre tenta di sfuggire agli ex bolscevichi, incontra una bellissima sudtirolese che lo conduce a Bolzano dove si impegna nell’insegnamento e nel cercare di farsi una famiglia con relativa prole. Ma il Signore per lui ha in serbo altri piani! Ritorna a Napoli dove gestisce una libreria, naturalmente abusiva; finché, un giorno, di inverno, e di forte vento, non giunge la Finanza che gli intima di chiudere in blocco l’attività. Non si perde d’animo e con tanta voglia e molti denari sceglie la città di Roma come sua nuova sposa. Qui a Roma conosce la solitudine,il lavoro, l’amore, e poi, il vento lo riporta a Napoli centro. Ora è facile incontrarlo, di mattina, al Caffè del Duomo, prima che vada a scuola.

Autore di Kilometro zero 
https://www.amazon.it/Kilometro-Zero-Aniceto-Fiorillo-ebook/dp/B01N8XRSM9 

e dei suddetti Racconti disaccordati.




- La signora Nunzia racconta il Signore Antimo -

  Era il 1990 e si svolgevano i mondiali di calcio in Italia, e io ero innamorato degli azzurri. In quel periodo dormivo a casa di mia nonna...

Italia vs Albania