L’autunno
incominciava a sentirsi, le strade erano ricoperte da un manto di
fogliame e bagnate da una pioggerellina fine, che, sebbene
fastidiosa, non impediva di uscire. Erano due mesi che mi ero
trasferito a Roma, abitavo tra la stazione Termini e il quartiere
Monti. Alloggiavo in una pensione che si chiamava Marlene. Non
era male, in camera avevo anche una piccola tv e da sotto si alzavano
i profumi delle cucine dei pakistani che abitavano ai seminterrati
delle vie vicine.
Dalle mura sottili della mia
stanza ascoltavo la voce accorata di una ragazza che verso le
otto di sera ripeteva dei copioni, o almeno qualcosa che somigliasse
a ciò.
Una mattina ci incontrammo fuori dalle camere,
le dissi: “Cosa provi?”
“Scusa se ti disturbo - mi disse - proviamo il Re Lear di Shakespeare, tra tre giorni abbiamo la prima” .
Avvolse il capo in un foulard rosso, coprì gli occhi con dei grandi occhiali da sole e si allontanò. Si chiamava Milù ed era veneta, di un piccolo paesino in provincia di Padova. Io avevo trentadue anni e sognavo di diventare uno scrittore, tirando avanti con delle supplenze a scuola. Mi procurai il biglietto della prima e la andai a vedere. Ci conoscemmo, e poi facemmo l’amore a Marlene, e i nostri corpi intrecciati alle lenzuola allontanarono il freddo. Talvolta andavo ad assistere alle prove, trascorrevo ore in platea, lei recitava e io la osservavo, avrei voluto averla solo per me, io e lei, e poi, scherzavamo sul teatro e sul viso quadrato della portiera di Marlene e ridevamo tanto; e dal giardino degli Aranci osservavamo Roma e i gabbiani che volavano nel cielo plumbeo, sperando nei nostri sogni. E poi, le lunghe passeggiate autunnali sulla spiaggia di Lavinio, le corse, l’amore e i venti che muovevano gli alberi, la pioggia e il rifugio nella pineta, ascoltando il suono tamburellante del nubrifagio che accompagnava i nostri abbracci. L’autunno scomparve, venne il Natale e Milù partì per una tournée teatrale e non la vidi più; a volte, fermandomi, penso alla sua dolcezza e a Marlene.
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e dei suddetti Racconti disaccordati.