martedì 11 settembre 2018

Marlene







L’autunno incominciava a sentirsi, le strade erano ricoperte da un manto di fogliame e bagnate da una pioggerellina fine, che, sebbene fastidiosa, non impediva di uscire. Erano due mesi che mi ero trasferito a Roma, abitavo tra la stazione Termini e il quartiere Monti. Alloggiavo in una pensione che si chiamava Marlene. Non era male, in camera avevo anche una piccola tv e da sotto si alzavano i profumi delle cucine dei pakistani che abitavano ai seminterrati delle vie vicine.  
Dalle mura sottili  della mia stanza  ascoltavo la voce accorata di una ragazza che verso le otto di sera ripeteva dei copioni, o almeno qualcosa che somigliasse a ciò. 
Una mattina ci incontrammo fuori  dalle camere, le dissi: “Cosa provi?”

Scusa se ti disturbo -  mi disse -  proviamo il Re Lear di Shakespeare, tra tre giorni abbiamo la prima” . 

Avvolse il capo in un foulard rosso, coprì gli occhi con dei grandi occhiali da sole e si allontanò.  Si chiamava Milù ed era veneta, di un piccolo paesino in provincia di Padova.  Io avevo trentadue anni e sognavo di diventare uno scrittore, tirando avanti con delle supplenze a scuola. Mi procurai il biglietto della prima e la andai a vedere. Ci conoscemmo, e poi facemmo l’amore a Marlene, e i nostri corpi intrecciati alle lenzuola allontanarono il freddo.  Talvolta andavo ad assistere alle prove, trascorrevo ore in platea, lei recitava e io la osservavo, avrei voluto averla solo per me, io e lei, e poi, scherzavamo sul teatro e sul viso quadrato della portiera di Marlene e ridevamo tanto; e dal giardino degli Aranci osservavamo Roma e i gabbiani che volavano nel cielo plumbeo, sperando nei nostri sogni.  E poi, le lunghe passeggiate autunnali sulla spiaggia di Lavinio, le corse, l’amore e i venti che muovevano gli alberi, la pioggia e il rifugio nella pineta, ascoltando il suono tamburellante del nubrifagio che accompagnava i nostri abbracci. L’autunno scomparve, venne il Natale e Milù partì per una tournée teatrale e non la vidi più; a volte, fermandomi, penso alla sua dolcezza e a Marlene.




Aniceto Fiorillo


Nato a Cesa nel 1979, dopo la laurea in Lettere, viaggia per l’Italia e per l’Europa sia per piacere ma soprattutto alla ricerca di un qualsiasi lavoro che gli permetta di scrivere senza pensieri: a Brussel, incontra il Pilota e la sua comunità di brasiliani belgi, imparando l’inglese e il francese perché vuol sentirsi cittadino europeo ma il grigio del cielo belga lo rende triste e scappa verso il mare dell’isola di Malta. Qui si imbatte in una dozzina di russi che contrabbandano in diamanti e che decidono di scassarlo (picchiare una persona fino a ridurlo in fin di vita), e mentre tenta di sfuggire agli ex bolscevichi, incontra una bellissima sudtirolese che lo conduce a Bolzano dove si impegna nell’insegnamento e nel cercare di farsi una famiglia con relativa prole. Ma il Signore per lui ha in serbo altri piani! Ritorna a Napoli dove gestisce una libreria, naturalmente abusiva; finché, un giorno, di inverno, e di forte vento, non giunge la Finanza che gli intima di chiudere in blocco l’attività. Non si perde d’animo e con tanta voglia e molti denari sceglie la città di Roma come sua nuova sposa. Qui a Roma conosce la solitudine,il lavoro, l’amore, e poi, il vento lo riporta a Napoli centro. Ora è facile incontrarlo, di mattina, al Caffè del Duomo, prima che vada a scuola.
Autore di Kilometro zero 
https://www.amazon.it/Kilometro-Zero-Aniceto-Fiorillo-ebook/dp/B01N8XRSM9

e dei suddetti Racconti disaccordati.
                                                                            

- La signora Nunzia racconta il Signore Antimo -

  Era il 1990 e si svolgevano i mondiali di calcio in Italia, e io ero innamorato degli azzurri. In quel periodo dormivo a casa di mia nonna...

Italia vs Albania