“Che
goal stupendo! Il mio Brasile!” E poi si mise a ballare la samba il buon
Pedrinho, almeno penso. Ciò era quello che vidi, quando entrai in classe e
appoggiai il mio zaino sulla cattedra. “La Germania vi rompe il culo” disse Kus
rivolgendosi a Pedrinho. C’erano molti assenti, appena dodici i ragazzi in aula. Ed erano disposti a ferro di cavallo, le finestre spalancate, e
sulla classe batteva un sole forte, ed entrava l’aria calda di fine maggio che
incominciava a soffocarci. Ai lati opposti si trovavano i due ragazzi: Kus,
composto e seduto nei banchi, mentre Pedrinho all’impiedi. Al centro tre ragazze impegnate a incipriarsi e curarsi le
mani. Gli altri in maniera anonima abitavano lo spazio.
“Ma
che parli? Ma quale Germania? Noi siamo il Brasile e poi tu non sei albanese? Che hai cambiato nazionalità?” disse Pedrinho. Kus si sedette al suo posto, in
silenzio, l’Albania nemmeno si era qualificata al mondiale.
Pedrinho aveva
centrato l’obiettivo, era il 2014 e il mondiale si sarebbe svolto in Brasile.
Noi
eravamo giunti alle ultime battute dell’anno scolastico, e delle tre prime che
avevo quell’anno, la I A, più delle altre due classi poteva definirsi una
classe multiculturale. Eravamo in una scuola alberghiera: brasiliani, rom, albanesi, indiani, e marocchini, a cui cercavo di
"imparare" l’italiano.
Avevo assistito alla discussione senza proferire
parola, anche a me piaceva il calcio e i miei allievi lo sapevano bene.
“Chiediamo al professore, chi vincerà il
mondiale!” disse Pedrinho.
“Ragazzi,
ma che chiediamo! Qua manca meno di una settimana, e devo ancora interrogare
una dozzina di voi!”
“Prof., solo una domanda” disse Kus.
“Prof.,
chi vede bene per il mondiale?” disse Pedrinho.
“Vedo
bene l’Italia, con Balotelli davanti: non ce n’è per nessuno!”
“Sì
professore, abbiamo una bella squadra, li battiamo gli spocchiosi dei
brasiliani!” facendo il verso a Pedrinho.
E poi si alzò e si diresse verso la mia cattedra. Aveva ripreso forza, Kus.
“Ma
che ora sei diventato anche italiano?” chiese Pedrinho.
“Io
sono albanese, ma sono cresciuto in Italia, e faccio il tifo per l’Italia! Che
hai qualche problema?”
“Io
nessuno, tanto Germania e Italia, per noi non fa nessuna differenza. Noi siamo
il Brasile! In quel momento mi rivolsi verso Kus, e gli dissi: “Mettiamo caso
che nel 2018, al mondiale, vi sia ai quarti di finale Italia vs Albania, tu per
chi tiferai?”
Lui,
senza pensarci due secondi, mi disse: “Albania.”
Mentre si allontanava da me,
mi disse sottovoce: “ Un poco ma solo un poco, tiferei anche per l’Italia” e poi sorrise.
E noi iniziammo la lezione.
Aniceto Fiorillo
Nato a Cesa nel 1979, dopo la
laurea in Lettere, viaggia per l’Italia e per l’Europa sia per
piacere ma soprattutto alla ricerca di un qualsiasi lavoro che gli
permetta di scrivere senza pensieri: a Brussel, incontra il Pilota e
la sua comunità di brasiliani belgi, imparando l’inglese e il
francese perché vuol sentirsi cittadino europeo ma il grigio del
cielo belga lo rende triste e scappa verso il mare dell’isola di
Malta. Qui si imbatte in una dozzina di russi che contrabbandano in
diamanti e che decidono di scassarlo (picchiare una persona fino a
ridurlo in fin di vita), e mentre tenta di sfuggire agli ex
bolscevichi, incontra una bellissima sudtirolese che lo conduce a
Bolzano dove si impegna nell’insegnamento e nel cercare di farsi
una famiglia con relativa prole. Ma il Signore per lui ha in serbo
altri piani! Ritorna a Napoli dove gestisce una libreria,
naturalmente abusiva; finché, un giorno, di inverno, e di forte
vento, non giunge la Finanza che gli intima di chiudere in blocco
l’attività. Non si perde d’animo e con tanta voglia e molti
denari sceglie la città di Roma come sua nuova sposa. Qui a Roma
conosce la solitudine,il lavoro, l’amore, e poi, il vento lo
riporta a Napoli centro. Ora è facile incontrarlo, di mattina, al
Caffè del Duomo, prima che vada a scuola.
Grazie prof.
RispondiEliminaGrazie a te per averlo letto!
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