
Mio
fratello, Manuel.
Ero
appena uscita di scuola, e il vento incominciava ad alzarsi mentre le foglie
ricoprivano i marciapiedi. Camminavo velocemente, quando si arrestò una
macchina davanti a me, impaurita; si aprì la portiera posteriore, vidi che
all’interno dell’abitacolo c’erano tre ragazzi giovani, non avrebbero avuto più
di vent’anni.
“Falla
entrare, prendila” urlava il ragazzo che guidava.
“Facciamo
presto” rispondeva l’altro che era al fianco del guidatore.
Il
terzo, seduto dietro, scese dalla macchina e con i capelli mi trascinava
dentro. Tremavo come non avrei mai pensato che si potesse tremare. Sentii i
passi di una persona, e poi la sua voce: era mio fratello, Manuel. Mio fratello
lo prese a calci, lui lasciò i capelli, si rituffò in macchina e da lì
sparirono, non li vidi più. Poi, Manuel mi abbracciò. Camminammo fino a casa e nel mentre mi disse “Chissà come sarebbe stata la nostra vita con Mamma? Non seppi
rispondergli. Mamma se n’era andata troppo presto, a volte il suo viso
scompariva dai miei ricordi e dovevo rituffarmi nelle foto per riacciuffare
momenti ormai trascorsi, e ricordarmi dei suoi particolari. Forse, sarebbe
stata una vita differente. Oramai
tempo ne
era passato, e Manuel era andato via all’ennesima sfuriata di mio
padre, di lì a poco avrebbe compiuto ventiquattro anni. Dopo un po’ anch’io andai
via di casa, mi sposai ed ebbi due bambini, ma il suo viso mi ha sempre
accompagnato in tutto, quasi a diventare una delle mie ossessioni notturne più
ricorrenti. Lo avevo ricercato in maniera incessante ma nessuno seppe mai dirmi
un qualcosa che potesse dar forza alle mie speranze. Volatilizzato come non
saprei dire.
Una
sera trasmettevano uno speciale sui Clochard in tv. Erano le nove, e avevo messo a letto i miei figli, aspettando mio marito. Finchè non
rividi solo per un istante il volto di mio fratello. L’avevo ritrovato, per
anni avevamo vissuto nella stessa città senza nessun punto d’incontro.
Non
aveva una casa, i capelli erano radi, il volto stanco ma gli occhi erano sempre di un vivido azzurro come quella giornata in
cui il vento scese e le foglie coprirono i marciapiedi. Parlammo e ci
commuovemmo entrambi, raccontandoci ciò che avevamo condiviso e ciò che avevamo
vissuto da separati. Alla fine lo portai via con me, donandogli ciò che lui,
anni prima, aveva donato a me.
Aniceto Fiorillo
Nato a Cesa nel 1979, dopo la
laurea in Lettere, viaggia per l’Italia e per l’Europa sia per
piacere ma soprattutto alla ricerca di un qualsiasi lavoro che gli
permetta di scrivere senza pensieri: a Brussel, incontra il Pilota e
la sua comunità di brasiliani belgi, imparando l’inglese e il
francese perché vuol sentirsi cittadino europeo ma il grigio del
cielo belga lo rende triste e scappa verso il mare dell’isola di
Malta. Qui si imbatte in una dozzina di russi che contrabbandano in
diamanti e che decidono di scassarlo (picchiare una persona fino a
ridurlo in fin di vita), e mentre tenta di sfuggire agli ex
bolscevichi, incontra una bellissima sudtirolese che lo conduce a
Bolzano dove si impegna nell’insegnamento e nel cercare di farsi
una famiglia con relativa prole. Ma il Signore per lui ha in serbo
altri piani! Ritorna a Napoli dove gestisce una libreria,
naturalmente abusiva; finché, un giorno, di inverno, e di forte
vento, non giunge la Finanza che gli intima di chiudere in blocco
l’attività. Non si perde d’animo e con tanta voglia e molti
denari sceglie la città di Roma come sua nuova sposa. Qui a Roma
conosce la solitudine,il lavoro, l’amore, e poi, il vento lo
riporta a Napoli centro. Ora è facile incontrarlo, di mattina, al
Caffè del Duomo, prima che vada a scuola.